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Il luogo
nel quale si fanno le compere giornaliere in ogni città greca
è la «piazza»,
detta agorà, che non è soltanto la piazza del mercato,
ma il maggior ritrovo della vita
cittadina sino alle prime ore del pomeriggio.
In generale per le vie della città c’è poca gente. Le vie della
città sono strette, sono
(riga 5) fiancheggiate da muri nudi e disadorni, di solito senza
finestre, o con qualche
finestrina in alto da cui alle donne è proibito affacciarsi; manca
la varietà e l’attrattiva
dei grandi magazzini; le botteghe sono bugigattoli, e, per lunghi
tratti, si rasenta
l’esterno di case impenetrabili, chiuse e tristi come prigioni.
In Atene, nel periodo in
cui la città è al culmine della sua potenza economica e politica,
le mura delle case sono
(riga 10) costruite in modo primitivo, con un materiale in cui
predomina il fango; e le case che
fiancheggiano la via sono così vicine, che le strade sembrano
corridoi. L’angustia delle
strade di Atene e la poca solidità dei muri perimetrali delle
case rimangono proverbiali
anche nella letteratura più tarda.
La grande piazza della città, l’agorà, non era soltanto
il luogo del mercato; di solito,
(riga 15) anzi, il mercato non occupava della piazza che una parte.
In Atene, per esempio, dove
l’agorà era situata nel quartiere del Cerameico, il mercato
si trovava nella parte
settentrionale. La grande piazza era anche il centro della vita
politica, e la maggior
parte degli edifici pubblici sorgeva nell’agorà. Centro
anche di vita religiosa, l’agorà
accoglieva nella sua ampia area molti fra i templi più venerati.
L’agorà era un luogo
(riga 20) sacro: un cittadino che si fosse reso reo di empietà,
o che avesse commesso un reato
che la legge puniva con la perdita dei diritti civili, doveva
tenersi lontano dall’agorà.
Se non avesse osservato questo divieto, chiunque aveva il diritto
di afferrarlo e
trascinarlo davanti a un magistrato perché questi lo mettesse
a morte.
Nelle ore intorno al mezzogiorno, quel periodo della giornata
che i Greci
(riga 25) chiamavano appunto «il mercato pieno», tutti i cittadini,
che non avessero particolari
impedimenti o occupazioni, si riversavano nella grande piazza.
Questa è la ragione per
la quale, leggendo i testi greci, si ha l’impressione che, anche
nelle città più grandi, i
cittadini, fra loro, si conoscessero un po’ tutti. L’incontrarsi,
il parlare insieme, il
discutere, in una città greca, e in particolar modo nelle città
democratiche dell’età
(riga 30) classica, erano una necessità. La direzione di tutta
la vita politica di una città,
compresa la preparazione, la dichiarazione e la condotta di una
guerra, spettava ai
cittadini che deliberavano nell’Assemblea e manifestavano la loro
opinione, di solito,
mediante alzata di mano. Qualunque cosa avvenisse all’interno
o nei rapporti con le
altre città, in attesa di una discussione o di una deliberazione
nella Assemblea
(riga 35) popolare, bisognava che si formasse un’opinione pubblica,
tanto più che, come tutti
sanno, in quei tempi non esistevano giornali, né mezzi di informazione,
sia pure
rudimentali e primitivi, che ne facessero in qualche modo le veci.
L’opinione pubblica
si formava mediante contatti personali: e proprio nell’agorà
più che altrove, si
chiarivano i dissensi politici, si cercavano alleati, si attuavano
compromessi fra i
(riga 40) partiti, si saggiavano le intenzioni degli uomini più
influenti, e, in genere, si definivano
gli umori del popolo, la cui volontà era sovrana. Se giungeva
una notizia improvvisa e
grave, che richiedesse una deliberazione urgente, tutto il popolo
si riversava
nell’agorà, anche nell’ora in cui di solito la grande
piazza era deserta. Nel pomeriggio
l’agorà era pochissimo popolata, e di notte addirittura
deserta . |
Tratto
da: Ugo Enrico Paoli, Come vivevano i Greci, Torino, E.R.I.
1957, pp. 12-23 |
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