B1
Una volta
un pescatore di Cefalù, nel tirare in barca la rete, la sentì
pesante
pesante, e chissà cosa credeva di trovarci. Invece ci trovò un
pesciolino lungo un
mignolo, lo afferrò con rabbia e stava per ributtarlo in mare
quando udì una voce
sottile che diceva:
(riga 5) – Ahi, non mi stringere così forte.
Il pescatore si guardò intorno e non vide nessuno, né vicino né
lontano, e alzò
il braccio per buttare il pesce, ma ecco di nuovo la vocina:
– Non mi buttare, non mi buttare!
Allora capì che la voce veniva dal pesce, lo aprì e ci trovò dentro
un bambino
(riga 10) piccolo piccolo, ma ben fatto, coi piedi, le mani, la
faccina, tutto proprio a posto,
solo che dietro la schiena aveva due pinne, come i pesci.
– Chi sei?
– Sono il bambino di mare.
– E che vuoi da me?
(riga 15) – Se mi terrai con te ti porterò fortuna.
Il pescatore sospirò:
– Ho già tanti figli da mantenere, proprio a me doveva toccare
questa fortuna
di averne da sfamare un altro.
– Vedrai, – disse il bambino di mare.
(riga 20) Il pescatore lo portò a casa, gli fece fare una camicina
per nascondere le pinne
e lo mise a dormire nella culla del suo ultimo nato, e non occupava
nemmeno
mezzo cuscino con tutta la persona.
Quello che mangiava, però, era uno spavento: mangiava più lui
di tutti gli altri
figli del pescatore, che erano sette, uno più affamato dell'altro.
(riga 25) – Una bella fortuna davvero, – sospirava il pescatore.
– Andiamo a pescare? – disse la mattina dopo il bambino di mare
con la sua
vocetta sottile sottile.
Andarono, e il bambino di mare disse:
– Rema diritto fin che te lo dico io. Ecco, siamo arrivati. Butta
la rete qua
(riga 30) sotto.
Il pescatore ubbidì, e quando ritirò la rete la vide piena come
non l'aveva mai
vista, ed era tutto pesce di prima qualità.
Il bambino di mare battè le mani: – Te l’avevo detto, io so dove
stanno i
pesci.
(riga 35) In breve tempo il pescatore arricchì, comprò una seconda
barca, poi una terza,
poi tante, e tutte andavano in mare a buttare le reti per lui,
e le reti si riempivano
di pesce fino, e il pescatore guadagnava tanti soldi che dovette
far studiare da
ragioniere uno dei suoi figli per contarli.
Diventando ricco, però, il pescatore dimenticò quel che aveva
sofferto quando
(riga 40) era povero. Trattava male i suoi marinai, li pagava
poco, e se protestavano li
licenziava.
– Come faremo a sfamare i nostri bambini? – essi si lamentavano.
– Dategli dei sassi, – egli rispondeva, – vedrete che li digeriranno.
Il bambino di mare, che vedeva tutto e sentiva tutto, una sera
gli disse:
(riga 45) – Bada che quel che è stato fatto si può disfare.
Ma il pescatore rise e non gli diede retta.
Anzi, prese il bambino di mare, lo rinchiuse in una grossa conchiglia
e lo
gettò in acqua. E chissà quanto tempo dovrà passare prima che
il bambino di
mare possa liberarsi. Voi cosa fareste al suo posto? |
da
G. Rodari, Favole al telefono, Torino, Einaudi, 1997 |
Per quale
scopo è stato scritto il racconto che hai appena letto ?
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