A22
L’idea gli
era venuta un giorno quasi per caso. A chi mai avrebbe lasciato
la sua
collezione di francobolli messa insieme con tanta pazienza nel
corso di una vita? Non aveva
moglie né figli né fratelli, a cui consegnare in eredità quel
prezioso album. Tanto valeva,
ormai che era vecchio, disfarsene e realizzare un po’ di soldi.
Però dai negozianti, che per anni aveva frequentato come compratore,
si vergognava
adesso di entrare. Non desiderava sembrare in vendita. Perché
non ricorrere alle colonne
di un quotidiano, che meglio di tutti garantiva l’anonimato?
«Filatelico anziano cede raccolta commemorativi europei. Telefonare
ore pasti...»
Se n’era quasi dimenticato quando, una settimana più tardi, intorno
a mezzogiorno
squillò il telefono.
Ascoltando quel trillo improvviso fu colto da una strana euforia,
rispose quasi con
allegria alla voce sconosciuta.
«Sì, sono io che ho fatto l’annuncio! Dica pure.»
In realtà era l’interlocutore a pretendere schiarimenti, e anzi
non volle sbilanciarsi
minimamente con un’offerta qualsiasi.
«Guardi, io il prezzo non l’ho ancora fissato» disse lui cercando
di prendere tempo. «Mi
lasci il Suo numero e La richiamerò.»
Tornò a tavola, ma il suo pasto solitario fu di nuovo interrotto
da una seconda
chiamata.
«Pronto, sì, buongiorno» rispose questa volta con maggiore scioltezza.
Certo non avrebbe mai pensato che tanta gente potesse interessarsi
a lui, ma più si
facevano vivi i compratori interessati, e più lui capiva di non
avere nessuna intenzione di
vendere. Il piacere consisteva semmai nel sentirsi richiesto,
nella breve trattativa che ne
seguiva, e soprattutto in quei trilli prolungati che scuotevano
il silenzio di quelle stanze.
In capo a pochi giorni, purtroppo, gli appelli si diradarono fino
a spegnersi del tutto. Se
la collezione di francobolli non aveva trovato un acquirente era
solo perché lui aveva
indugiato, dilettandosi a chiacchierare anziché contrattare il
valore della merce.
Quelle persone senza volto erano uscite dalla sua vita senza lasciare
traccia, come se
non fossero mai esistite, indifferenti alla sua sorte com’erano
stati un tempo i colleghi
d’ufficio.
Una mattina, mentre su una panchina del giardino comunale sfogliava
i titoli del
giornale, quasi assente e soprapensiero, l’occhio gli cadde sulle
colonne fitte di annunci
economici. Certo, quando avesse voluto, con una modica spesa avrebbe
potuto ritentare
l’esperimento, riallacciare il dialogo con tante voci ignote,
ma adesso era prematuro, lo
avrebbero riconosciuto e mandato al diavolo insieme alla sua collezione.
Ci pensò qualche giorno e poi formulò una nuova inserzione, imitando
un linguaggio di
cui cominciava ad apprezzare le sfumature.
«BMW seminuova accessoriata cedo affarone.»
Ecco, con poche centinaia di lire a parola, adesso possedeva anche
una macchina.
Il primo fu un giovanotto sbrigativo, pronto ad acquistare la
vettura in giornata.
«Mi dica quanto vuole, le dò i soldi sull’unghia...»
«Mi spiace, l’ho venduta mezz’ora fa.»
Volevano sapere, chiedevano dettagli, anno di immatricolazione,
numero di chilometri,
anche se non potevano più comperarla, e lui era felice di accontentarli,
condividendo alla
fine il loro rincrescimento.
«Sarà per un’altra volta» finiva per congedarsi.
Quasi non usciva più di casa, nemmeno per la solita passeggiata
ai giardini, nel timore
che suonasse a vuoto il telefono. Chi proponeva scambi, compensi,
dilazioni. Chi era
laconico e chi era ciarliero. Chi si spazientiva e chi si rassegnava.
Mai nella sua vita aveva
avuto a disposizione un campionario di umanità così ricco, e la
possibilità di influenzarne
per breve tempo gli umori.
Ogni volta, la sensazione era di possedere davvero quei beni,
e di poterne disporre a
suo piacimento. Ora per nulla al mondo avrebbe rinunciato al colloquio
con le voci
sconosciute, al piacere di tenere in pugno i loro desideri, le
loro vanità, i loro capricci.
Quelle pareti che avevano ascoltato solo i rintocchi della pendola
in anticamera, ora
assorbivano fiumi di parole, e persino sussurri, imprecazioni,
qualche risata. Quel telefono
che era stato muto per anni, suonava come impazzito.
Udendo squillare incessantemente il suo telefono, gli inquilini
delle porte accanto
dovevano essersi convinti che egli avesse inaugurato un’attività
commerciale, poiché lo
squadravano, incontrandolo, con grande curiosità. Del resto anche
il suo aspetto fisico era
cambiato, e qualche timido sorriso gli distendeva la faccia incupita.
Ma fu una serenità di
breve durata.
La polizia lo trovò, chiamata dai vicini di casa allarmati dal
lungo silenzio, senza vita,
armadi e cassetti sottosopra.
La sua ultima inserzione era stata: «Vendo brillante inestimabile
valore…».
(Tratto e adattato da: C. Castellaneta, Questa primavera, Milano,
Rizzoli, 1984, pp. 229-233)
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Alla fine
del racconto, fra la pubblicazione dell’inserzione per la vendita del
brillante e l’arrivo della polizia, succedono dei fatti importanti che
il testo lascia capire senza dirli esplicitamente . Rifletti sul finale
del racconto e individua le frasi che descrivono in modo corretto i
fatti che sono successi . |