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L'INSERZIONISTA
L’idea gli era venuta un giorno quasi per caso. A chi mai avrebbe
lasciato la sua
collezione di francobolli messa insieme con tanta pazienza nel corso
di una vita? Non aveva
moglie né figli né fratelli, a cui consegnare in eredità quel prezioso
album. Tanto valeva,
ormai che era vecchio, disfarsene e realizzare un po’ di soldi.
(riga 5) Però dai negozianti, che per anni aveva frequentato come
compratore, si vergognava
adesso di entrare. Non desiderava sembrare in vendita. Perché non
ricorrere alle colonne
di un quotidiano, che meglio di tutti garantiva l’anonimato?
«Filatelico anziano cede raccolta commemorativi europei. Telefonare
ore pasti...»
Se n’era quasi dimenticato quando, una settimana più tardi, intorno
a mezzogiorno
(riga 10) squillò il telefono.
Ascoltando quel trillo improvviso fu colto da una strana euforia,
rispose quasi con
allegria alla voce sconosciuta.
«Sì, sono io che ho fatto l’annuncio! Dica pure.»
In realtà era l’interlocutore a pretendere schiarimenti, e anzi non
volle sbilanciarsi
(riga 15) minimamente con un’offerta qualsiasi.
«Guardi, io il prezzo non l’ho ancora fissato» disse lui cercando
di prendere tempo. «Mi
lasci il Suo numero e La richiamerò.»
Tornò a tavola, ma il suo pasto solitario fu di nuovo interrotto da
una seconda
chiamata.
(riga 20) «Pronto, sì, buongiorno» rispose questa volta con maggiore
scioltezza.
Certo non avrebbe mai pensato che tanta gente potesse interessarsi
a lui, ma più si
facevano vivi i compratori interessati, e più lui capiva di non avere
nessuna intenzione di
vendere. Il piacere consisteva semmai nel sentirsi richiesto, nella
breve trattativa che ne
seguiva, e soprattutto in quei trilli prolungati che scuotevano il
silenzio di quelle stanze.
(riga 25) In capo a pochi giorni, purtroppo, gli appelli si diradarono
fino a spegnersi del tutto. Se
la collezione di francobolli non aveva trovato un acquirente era solo
perché lui aveva
indugiato, dilettandosi a chiacchierare anziché contrattare il valore
della merce.
Quelle persone senza volto erano uscite dalla sua vita senza lasciare
traccia, come se
non fossero mai esistite, indifferenti alla sua sorte com’erano stati
un tempo i colleghi
(riga 30) d’ufficio.
Una mattina, mentre su una panchina del giardino comunale sfogliava
i titoli del
giornale, quasi assente e soprapensiero, l’occhio gli cadde sulle
colonne fitte di annunci
economici. Certo, quando avesse voluto, con una modica spesa avrebbe
potuto ritentare
l’esperimento, riallacciare il dialogo con tante voci ignote, ma adesso
era prematuro, lo
(riga 35) avrebbero riconosciuto e mandato al diavolo insieme alla
sua collezione.
Ci pensò qualche giorno e poi formulò una nuova inserzione, imitando
un linguaggio di
cui cominciava ad apprezzare le sfumature.
«BMW seminuova accessoriata cedo affarone.»
Ecco, con poche centinaia di lire a parola, adesso possedeva anche
una macchina.
(riga 40) Il primo fu un giovanotto sbrigativo, pronto ad acquistare
la vettura in giornata.
«Mi dica quanto vuole, le dò i soldi sull’unghia...»
«Mi spiace, l’ho venduta mezz’ora fa.»
Volevano sapere, chiedevano dettagli, anno di immatricolazione, numero
di chilometri,
anche se non potevano più comperarla, e lui era felice di accontentarli,
condividendo alla
(riga 45) fine il loro rincrescimento.
«Sarà per un’altra volta» finiva per congedarsi.
Quasi non usciva più di casa, nemmeno per la solita passeggiata ai
giardini, nel timore
che suonasse a vuoto il telefono. Chi proponeva scambi, compensi,
dilazioni. Chi era
laconico e chi era ciarliero. Chi si spazientiva e chi si rassegnava.
Mai nella sua vita aveva
(riga 50) avuto a disposizione un campionario di umanità così ricco,
e la possibilità di influenzarne
per breve tempo gli umori.
Ogni volta, la sensazione era di possedere davvero quei beni, e di
poterne disporre a
suo piacimento. Ora per nulla al mondo avrebbe rinunciato al colloquio
con le voci
sconosciute, al piacere di tenere in pugno i loro desideri, le loro
vanità, i loro capricci.
(riga 55) Quelle pareti che avevano ascoltato solo i rintocchi della
pendola in anticamera, ora
assorbivano fiumi di parole, e persino sussurri, imprecazioni, qualche
risata. Quel telefono
che era stato muto per anni, suonava come impazzito.
Udendo squillare incessantemente il suo telefono, gli inquilini delle
porte accanto
dovevano essersi convinti che egli avesse inaugurato un’attività commerciale,
poiché lo
(riga 60) squadravano, incontrandolo, con grande curiosità. Del resto
anche il suo aspetto fisico era
cambiato, e qualche timido sorriso gli distendeva la faccia incupita.
Ma fu una serenità di
breve durata.
La polizia lo trovò, chiamata dai vicini di casa allarmati dal lungo
silenzio, senza vita,
armadi e cassetti sottosopra.
(riga 65) La sua ultima inserzione era stata: «Vendo brillante inestimabile
valore…».
(Tratto e adattato da: C. Castellaneta, Questa primavera, Milano,
Rizzoli, 1984, pp. 229-233)
In base al testo, un “inserzionista” è chi
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