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Mimì la volpe
dal pelo rosso si è appostata dietro un cespuglio di more. Ha
sentito un lieve
tramestìo sottoterra, poi anche quel rumore è cessato. La sua
preda deve avere intuito
il pericolo, qualcosa deve averla insospettita. Mimì la volpe
si mimetizza, si finge morta e
aspetta. Nemmeno respira. Sa che la sua preda appena si sentirà
sicura verrà fuori dal
(riga 5) nascondiglio e bisogna lasciarle tutto il tempo che le
occorre per muoversi. Il tempo passa.
Dopo una lunga paziente attesa appare all’imboccatura della tana
un riccio. Deve
attraversare uno spazio brevissimo per infilarsi in un altro cunicolo
buio più avanti ma si
guarda intorno circospetto, esamina il terreno, si ritrae di nuovo
nella tana, riemerge
esitando. Che animale prudente, che animale compunto, pensa la
volpe. Razza nostrana di
(riga 10) roditori da sottobosco che non amano camminare allo
scoperto. Preferisce i suoi tortuosi
labirinti sotterranei, anche a costo di scavarseli con le unghie
e coi denti. Avrà le sue buone
ragioni per evitare di mostrarsi alla luce del sole, comunque
non lo invidio. Intanto il riccio
si è deciso, eccolo finalmente all’aperto. Sembra appena uscito
dal letargo, è goffo, lento, impacciato.
(riga 15) Mimì la volpe fa un bel balzo e zac! Ma il riccio in
un attimo si è trasformato in una palla
spinosa. La volpe lancia un urlo di sorpresa e di dolore e con
la bocca sanguinante si
allontana.
Che strano animale! - pensa la volpe senza darsi per vinta. Deve
avere una carne prelibata se
la natura gliela protegge così bene. Sarà molto meglio della carne
di una talpa o di quella di
(riga 20) un uccello. Come mi piacerebbe assaggiarla per sapere
che sapore ha!
E fiduciosa delle proprie risorse Mimì la volpe dal pelo rosso
escogita e mette in atto mille
artifici, trucchi, espedienti, uno più ingegnoso e sottile dell’altro,
per catturare il riccio e
divorarlo.
Eppure ogni volta il riccio si appallottola e così appallottolato
risulta imprendibile.
(riga 25) Dopotutto un riccio non vale tanto spreco di trovate
e neppure tanta ostinazione, dice a se
stessa la volpe per consolarsi. E stanca degli innumerevoli, inutili
stratagemmi che si
concludono sempre allo stesso modo, decide di lasciarlo perdere,
quell’ottuso animale.
(tratto da: Raffaele La Capria, Fiori giapponesi, Milano,
Mondadori, 1989, pp. 91-92)
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La volpe , mentre aspetta paziente , che cosa pensa del riccio
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