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Anna sembrava
ancora una ragazza. E in casa, nei confronti del marito, della
nonna e di
Bruno, non contava molto. Non vi aveva portato né movimento né
gioventù: nulla di
nuovo e di diverso vi era entrato con lei. Il marito rimaneva
lì dentro l’unica persona
spensierata e irrequieta: ogni manifestazione di vivacità proveniva
da lui. Anna era
(riga 5) soltanto buona, docile, piena di cure materne per tutti.
Con i contadini, che si recavano
alla villa per vendere frutta e verdura, polli e conigli, trattava
la nonna. Anna apriva la
porta, prendeva i panieri, li vuotava calma, senza un gesto o
una parola di meraviglia
per la grossezza dei cocomeri, per il colore delle melagrane e
delle pesche. Allora pareva
quasi vecchia.
(riga 10) Nei pomeriggi di primavera e d’estate, la villa, dopo
le faccende della mattina e il
pranzo, cadeva nelle ore più silenziose della giornata. Il babbo
se ne andava al lavoro, la
nonna e la vecchia donna di servizio si mettevano a pregare in
un angolo della cucina o
dormivano nelle loro camere. Anna indossava una gonnella di lana
bianca e una camicetta
di seta, prendeva il suo bambino e lo portava nella strada campestre
dietro la casa
(riga 15) dei contadini. Dapprima camminava in silenzio, poi cominciava
a scherzare, a dire dolci
parole a Bruno, a correre con grazia. Giungevano al cancello,
non senza avere tirato
bruscamente un ramo d’edera per udire lo scroscio delle foglie
e il precipitare dei piccoli
animali che stavano in alto a prendere il sole; e gridavano felici
per la fuga delle lucertole
impazzite attraverso la strada. Al cancello Anna si fermava e
ogni giorno
(riga 20) chiedeva al figlio quale direzione dovessero prendere.
Bruno indicava sempre la pineta e lei
lo baciava gioiosa e riconoscente, come una bambina che vedesse
appagato il suo maggior
desiderio. Forse ripeteva tutti i giorni la stessa domanda per
godere della risposta
di Bruno.
Subito ella si gettava di corsa per la discesa, saltava il rigagnolo
formato dall’acqua
(riga 25) della gora, e di corsa imboccava la salita inseguita
da Bruno, e si davano lievi colpi, si
nascondevano nei varchi delle siepi e si scoprivano, si urtavano
e si baciavano. Appena
scorgevano la pineta abbandonavano la strada e si lanciavano nei
viottoli che dividevano
i campi di grano; e strappavano un ciuffo d’erba, qualche spiga,
e ora l’uno ora l’altra
fingeva di essere un contadino che, inferocito, li sorprendesse
a straziargli il raccolto.
(riga 30) Raggiungevano esausti la pineta, l’attraversavano silenziosi
e sedevano vicino ai solchi
lasciati dalle persone sconosciute che si erano recate verso le
case lontane. Non avevano
mai visto passare alcuno di là. Bruno guardava i solchi lucidi
e freschi e diventava
inquieto. Siccome la mamma parlava spesso di uomini misteriosi
che si aggiravano per
la campagna, egli temeva che da quella lontananza venisse un uomo
forte e la portasse
(riga 35) via. Del dolore e del furore in cui sarebbe caduto il
padre non gli importava: soltanto di
se stesso gli importava. Egli non sarebbe andato dietro all’uomo
forte, neppure se la
mamma lo avesse pregato di seguirla; ma verso il babbo e la nonna
non riusciva a provare
alcun sentimento di pietà. Via via che tali pensieri lo occupavano,
la gelosia aumentava
provocandogli pene terribili; si fissava in queste pene e diventava
immobile
(riga 40) come il giovane pino a cui stava appoggiato, confondendosi
nella calma quasi irreale
della natura. A forza di pensare a Anna, di inseguire timori e
gioie, si dimenticava di
avere accanto la creatura più amata e più sua; scivolava lentamente
sul dorso e giacendo
sul terreno socchiudeva gli occhi. Allora la mamma gli faceva
il solletico con un ago
di pino; il ragazzo sussultava, poi le si rovesciava nelle braccia.
(riga 45) […] La sera, tornati a casa, rimaneva ancora del tempo
libero prima della cena. Anna
licenziava Bruno, annoiata e autoritaria, con immenso dispiacere
di lui, quasi avesse
dimenticato quanto era accaduto per la strada, e andava a cambiarsi
il vestito. Metteva
molta cura nel farsi bella in quell’ora silenziosa; la finestra
della sua camera si
apriva con fragore e le persiane battevano violentemente sulla
facciata. Bruno udiva
(riga 50) un breve canto, poi più nulla. |
(ROMANO
BILENCHI, Anna e Bruno e altri racconti, in Opere, a cura di
B. Centovalli, M. Depaoli, C. Nesi, Rizzoli, Milano, 1997). |
Come viene
presentata Anna , la madre ?
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