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La giornata
Il vecchio Andurro, che non conosceva la propria età, si svegliò nella
notte alta, come
sempre gli accadeva. Malgrado fosse già sveglio, non poteva però alzarsi
fino alla mattina,
quando sua nipote Elena veniva per aiutarlo. Da solo, era incapace
di alzarsi.
Le ore di immobilità e di silenzio, fino all’alba, scorrevano per
lui senza fastidio né dolore,
(riga 5) facili come acqua. Dalla sua camera stretta e quasi sotterranea
lui non vedeva di fuori; pure
avvertiva il pullulare delle stelle nell’arco celeste e il loro trascolorarsi
finché pensava: «Ci
siamo». E, si può dire, nello stesso istante, per le fessure trapelava
la prima luce, simile nel
colore ad un viso pallido e ancora sbattuto dai sogni.
Il vecchio Andurro pensò: «Fra poco verrà mia nipote Elena mentre
prima veniva mia
(riga 10) moglie Maria. Era una vecchia ancora così vispa, sempre
a chiacchierare e arruffarsi come
una gallina, quando già io non potevo fare due passi in fila. Le dicevo:
“Con chi borbotterai,
Gallinella, quand’io sarò sotterrato?” Invece, guarda, lei è morta,
e io son qua».
Egli rise un poco e scosse la testa. In quel punto arrivò, alta, a
piedi nudi, la nipote Elena.
Chinando su lui gli occhi neri, che le raggiavano nella fronte come
due astri, seria ed esperta
(riga 15) lo vestì e lo aiutò a sedersi sul gradino della soglia.
Non dimenticò di lasciargli la scodella della
zuppa che doveva bastargli per tutto il giorno: una pappa di pane
molle e d’erbe tritate,
quanto esiste di meglio per un vecchio buono solo a biascicare. E
senza rumore, movendo
con nobilissima grazia il fianco, la nipote Elena se ne andò.
Seduto sullo scalino della soglia, il vecchio sapeva che il sole si
era levato ma, nascosto
(riga 20) dalla montagna, non si vedeva. Dai fianchi della montagna
ne trapelava l’ardore, finché
apparvero i raggi e il vecchio pensò per la millesima volta: «Pare
lo Spirito Santo dietro la
nuvola». Questo pensiero lo tenne occupato parecchio tempo; alla fine,
libera, di sulla
montagna si versò la meravigliosa corrente d’oro, e i vetturini uscirono
per addobbare i loro
cavalli e partirono fra gli schiocchi delle fruste. A tutti, Andurro
gridava: – Buon viaggio! – ma
(riga 25) essendo la sua voce impastata e roca, simile ad un brontolio
di tuono, essi non lo capivano.
Alle dieci cominciava il passaggio dei signori che scendevano al mare:
– Accomodatevi,
signorini, – supplicava il vecchio, – salite sulla mia terrazza, che
c’è il bel panorama –.
Credendo che il suo scopo fosse il guadagno, i più rifiutavano. Invece
Andurro non voleva
compenso, anzi offriva alle signore i garofani della sua terrazza.
Non potendo lui stesso salire
(riga 30) fin lassù, da dove appariva fino il vulcano e le isole,
voleva che almeno qualcun altro godesse
al suo posto. – Bello! – gridavano tutti dall’alto. E il vecchio rideva
contento per l’onore.
A mezzogiorno, biascicò metà della zuppa, lasciando il resto per la
cena. Per alcune ore
nessuno passò, fuori dei marmocchi seminudi che si rotolavano nella
polvere e di qualche
asino portato alla cavezza da una bambina. Buona parte di questo tempo,
il vecchio la
(riga 35) trascorse con la testa chinata sulle ginocchia o appoggiata
allo stipite. Udendo le campane
pensò alla canzone: «Din don, campanon, fra Simon». Anche simile canzone
ebbe il potere di
occupare la sua mente per lunghe ore; al modo di un suono che nasce
da un punto, e
attraverso una rupe, e un’altra, e un’altra, si ripercuote per amplissimo
spazio.
A intervalli, la nipote Elena appariva per offrirgli i suoi servigi.
Salutandola con gesto
(riga 40) indulgente egli le gridò: – Ce l’hai il damo?
Il sole scese dalla parte del mare, ma il vecchio solo vagamente ne
distingueva l’ardente
cerchio. Prima che l’umidità vespertina potesse penetrargli nelle
ossa, venne la solerte nipote
Elena, alta e a piedi nudi; e chinando su di lui gli occhi neri, che
le facevano ombra nella
fronte come due rose di velluto, lo spogliò e lo mise a letto. Poi,
fattogli sul viso il segno della
(riga 45) croce, andò via.
Dalla sua camera stretta e quasi sotterranea, di nuovo il vecchio
non vedeva di fuori; ma
avvertiva la prima animazione delle stelle nel crepuscolo del cielo,
e il loro accendersi in un
punto fisso. «A quest’ora, – pensò, – mia moglie Maria quand’era viva
recitava il rosario, e cip
cip, cip cip, non la finiva più. Se Dio vuole, quella sua canzonetta
sarà servita anche per me.
(riga 50) Così non dovrò preoccuparmi troppo dell’anima mia. Già».
Grazie a questo pensiero che gli girava nella mente, la sera camminò
facile e benigna sulla
veglia del vecchio. Battevano le ore della notte, e la luna, sottile
quasi quanto un filo, via via
procedeva con quel suono. Quand’essa fu molto alta e quasi al declino,
il vecchio Andurro si
addormentò.
(Tratto e adattato da: Elsa Morante, Lo scialle andaluso, Torino,
Einaudi, 2007)
Il testo che hai letto si intitola “La giornata”
e non “Una giornata” perché narra
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