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Il signor
Palomar allo zoo di Vincennes si ferma davanti al
recinto delle giraffe. Ogni tanto le giraffe adulte si mettono
a
correre seguite dalle giraffe bambine, si lanciano alla carica
fin
quasi alla rete del recinto, girano su se stesse, ripetono il
percorso a
(riga 5) gran carriera due o tre volte, si fermano. Il signor
Palomar non si
stanca d’osservare la corsa delle giraffe, affascinato dalla
disarmonia dei loro movimenti. Non riesce a decidere se galoppano
o trottano, perché il passo delle zampe posteriori non ha niente
a
che fare con quello delle anteriori. Le zampe anteriori, dinoccolate,
(riga 10) si arcuano fino al petto e si srotolano fino a terra,
come incerte su
quali delle tante articolazioni piegare in quel determinato secondo.
Le zampe posteriori, molto più corte e rigide, tengono dietro
a
balzi, un po’ di sbieco, come fossero gambe di legno, o stampelle
che arrancano, ma così come per gioco, come sapendo d’essere
(riga 15) buffe. Intanto il collo teso avanti ondeggia in su e
in giù, come il
braccio d’una gru, senza che si possa stabilire un rapporto tra
i
movimenti delle zampe e questo del collo. C’è poi anche un
sobbalzo della groppa, ma questo non è che il movimento del collo
che fa leva sul resto della colonna vertebrale.
(riga 20) La giraffa sembra un meccanismo costruito mettendo insieme
pezzi provenienti da macchine eterogenee, ma che pur tuttavia
funziona perfettamente. Il signor Palomar, continuando a osservare
le
giraffe in corsa, si rende conto d’una complicata armonia che
comanda quel trepestio disarmonico, d’una proporzione interna
che
(riga 25) lega tra loro le più vistose sproporzioni anatomiche,
d’una grazia
naturale che vien fuori da quelle movenze sgraziate. L’elemento
unificatore è dato dalle macchie del pelo, disposte in figure
irregolari
ma omogenee, dai contorni netti e angolosi; esse si accordano
come
un esatto equivalente grafico ai movimenti segmentati dell’animale.
(riga 30) Più che di macchie si dovrebbe parlare d’un manto nero
la cui
uniformità è spezzata da nervature chiare che s’aprono seguendo
un
disegno a losanghe: una discontinuità di pigmentazione che già
annuncia la discontinuità dei movimenti.
A questo punto la bambina del signor Palomar, che si è stancata
(riga 35) da un pezzo di guardare le giraffe, lo trascina verso
la grotta dei
pinguini. Il signor Palomar, cui i pinguini dànno angoscia, la
segue a
malincuore, e si domanda il perché del suo interesse per le giraffe.
Forse perché il mondo intorno a lui si muove in modo disarmonico
ed egli spera sempre di scoprirvi un disegno, una costante. Forse
(riga 40) perché lui stesso sente di procedere spinto da moti
della mente non
coordinati, che sembrano non aver niente a che fare l’uno con
l’altro
e che è sempre più difficile far quadrare in un qualsiasi modello
d’armonia interiore. |
da : I. Calvino , Palomar , Torino , Einaudi
, 1983 , pp. 80-81
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Come viene
presentato il signor Palomar ?
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