A1
Girando all’esterno
del paese, arrivò alla casa rossa. Era chiusa, finestre e porta,
anche la bottega del fabbro. Si asciugò la fronte sudata, tossì
per essere sicura di
poter mettere fuori la voce. Fino allora era stata così contratta
che le faceva male la
gola. Bussò. Venne una donna ad aprire, smosse appena il battente,
guardò per la
(riga 5) fessura. – Cerco Magòn, – disse l’Agnese. La donna aprì
un poco di più. Mise fuori
un viso magro, bello e patito. – Chi vi manda?– chiese, e si capì
che la risposta era
quella che lei sperava: – Mi manda Tarzan. – Venite pure, – disse
la donna; aiutò
l’Agnese a far passare la bicicletta nel corridoio d’ingresso,
e subito richiuse. Aprì la
porta della cucina. – C’è la staffetta di Tarzan, – disse la donna.
(riga 10) Buongiorno, – mormorò l’Agnese, e tremava tanto che
quasi non la udirono. Ma
risposero ugualmente: – Salute. – Che cosa avete fatto che tremate?–
disse uno dei
tre, piccolo, con gli occhi vivaci e il viso bello e magro come
quello della donna. – Vi
siete presa paura di quelli là? – indicò la finestra e sputò nella
cenere. L’Agnese
arrossì, alzò le spalle, sedette sulla prima sedia che vide. Riuscì
a parlare con la voce
(riga 15) ferma: – Mi fanno tanto male i piedi. Non ne posso più.
Scusate che mi levo le scarpe
– . Tese la sporta che teneva ancora in mano: – Tarzan mi ha dato
questa roba.
Però andate lontano dal fuoco. Lui ha detto che scoppia –. Si
alzarono tutti: –
Andiamo di là, – disse quello che aveva parlato prima. Rimase
soltanto la donna:
guardò la faccia dell’Agnese e disse: – Intanto vi preparo da
mangiare. Fate pure i
(riga 20) vostri comodi –. Lei si chinò, si tolse le scarpe e
le calze, mise i piedi larghi e piatti
sulle pietre fredde, fece: – Ah! – con sollievo. Li fissava: erano
scuri e deformi, con
le dita tutte a nodi e storte, sembravano le radici scoperte di
un vecchio albero.
Ripartì subito dopo mangiato: per la stagione e per la nebbia
veniva buio presto,
e lei aveva altre cose da fare prima di finire la giornata. Fu
Magòn, il giovane magro,
(riga 25) ad indicargliele. Doveva, tornando a casa, avvertire
alcuni compagni che stessero in
gamba quella notte e l’indomani. Poteva accadere che i tedeschi
facessero nella zona
un largo rastrellamento. – Ma al mio paese, adesso, ci sono pochi
tedeschi, – disse
l’Agnese, mentre lottava con tristezza per rimettersi le scarpe.
– Entro stasera tutti
i paesi e villaggi sulla strada saranno pieni. Arriva una divisione
che va verso il fronte,
(riga 30) – disse Magòn.
Uno dei tre uomini accompagnò l’Agnese in bicicletta per un tratto.
Attraversarono la piazza dove c’era ancora, solo, l’impiccato
appeso all’albero.
L’Agnese rallentò: – Non si può tirarlo giù? – disse, voltando
la testa per non vedere
il corpo ridotto ad una lunga asta bruna. Il compagno rispose:
– Adesso non si può.
(riga 35) Gli badano dalle finestre della casa del fascio, vogliono
che stia lì tre giorni –. Pedalò
in silenzio finché non ebbero lasciato indietro le ultime case.
Allora aggiunse: –
Andremo stanotte a portarlo via.
Si salutarono in vista del ponte. L’Agnese aveva ormai la sporta
vuota e non c’era
più bisogno di evitare il posto di blocco. Passò senza neppure
scendere perché le due
(riga 40) sentinelle che morivano di freddo non ebbero voglia
di dirle niente. Non incontrò
nessuno fino al villaggio vicino. Lì si fermò nella casa di un
compagno e riferì le parole
di Magòn, e così dovette fare altre due o tre volte. Era stanca
e procedeva piano,
col respiro difficile. Calava la nebbia e si faceva buio. Cominciò
ad incrociare, ogni
tanto, delle macchine e degli autocarri tedeschi. Ne vide fermi
sulle piazze dei paesi:
(riga 45) era la divisione in arrivo di cui le aveva parlato Magòn,
e lei si sentì ingenuamente
contenta di constatare che i compagni erano molto bene informati.
Andava avanti con stanchezza. Vedeva male la strada e aveva paura
di cadere.
Una volta le arrivò addosso all’improvviso il clamore di una colonna
di autocarri,
scartò a destra appena in tempo per non essere investita. Fu costretta
a scendere a
(riga 50) riposarsi un momento, appoggiata a un muretto. Con quel
rumore attorno non era
più buona di proseguire. Gli autocarri passarono; a poco a poco
la nebbia e la sera
ricomposero sulla campagna il silenzio lacerato, e parve più fitto
e più nero di prima.
Si udì allora un rombo, come una scossa nel cielo: sembrò correre
a balzi contro la
valle, si ripeté frantumato e ripercosso dal largo specchio stagnante,
morì lentamente
(riga 55) come un tuono d’estate. L’Agnese tese l’orecchio, ma
non sentì nessun motore
di aerei: il silenzio era di nuovo vasto e pesante. Montò in bicicletta,
spinse sui
pedali, e arrivò ad un villaggio, l’ultimo prima del suo. Le parve
di notare una certa
confusione in una autocolonna tedesca, ferma lungo le case. Sembrava
che si fosse
messa lì per rimanervi, e che un ordine improvviso la costringesse
a ripartire. I soldati
(riga 60) parlavano forte e rimontavano sugli autocarri, col fracasso
di tutta la roba che
portavano addosso. Emerse poi la voce di un comandante, con uno
di quei gridi rotti,
inumani, invasati, che tutti al mondo riconoscono subito per tedeschi.
La colonna si
mise in moto.
L’Agnese era arrivata dove abitavano toni e Mingùcc, i due compagni
amici di
(riga 65) Palita. Bussò a una finestra buia, di fianco all’ingresso.
Lo fece in maniera particolare,
come le aveva insegnato Magòn, e subito vide Toni che apriva la
porta. – Sono
l’Agnese di Palita, – disse. – Mi manda Magòn a dirvi che stiate
attenti: i tedeschi
sono tornati e faranno un rastrellamento –. L’uomo chiese: – Hanno
già fatto saltare
il ponte, i compagni? Non abbiamo sentito nulla –. Allora l’Agnese
capì che cosa era
(riga 70) il rumore di poco prima, e a che cosa avevano contribuito
quei pezzi di «roba» quadrata
che aveva portato a Magòn. – L’ho sentito io sulla strada. Sarà
circa una mezz’ora.
Deve essere stato un grande scoppio per arrivare così lontano
–. Rifiutò di
entrare e si rimise con fatica sulla bicicletta. – Buonanotte,
– disse. |
Renata
Viganò, L’Agnese va a morire, Einaudi, Torino, 1978 |
In quale
momento storico è ambientata la vicenda narrata ?
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