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Al principio
di questo secolo, nella Valle di Fondo, il vento Matteo era molto
conosciuto. Pochi venti anzi avevano mai raggiunto in passato
una notorietà simile alla
sua.
Fosse vera o no la sua decantata potenza, certo è che tutti ne
avevano grande terrore.
(riga ) 5 Quando Matteo si avvicinava, gli uccelli smettevano
di cantare, le lepri, gli scoiattoli,
le marmotte e i conigli selvatici si rintanavano, le vacche emettevano
lunghi muggiti.
Nel 1904 aveva fatto crollare la diga in Valle O, costruita per
un impianto
idroelettrico. Quando i lavori erano finiti e si stava per far
salire l’acqua, un guardiano
del cantiere, tale Simone Divari, discorrendo con un compagno
sulla solidità del
(riga 10) manufatto, pare avesse detto che né terremoto né bufera
avrebbero potuto minacciarlo.
Per caso quelle parole, così almeno stabilì l’inchiesta governativa,
furono udite da
Matteo che si irritò grandemente. Presa una buona rincorsa, il
vento si precipitò contro
la muraglia, abbattendola di schianto.
Ambiziosissimo, preferiva signoreggiare nella piccola vallata,
piuttosto che
(riga 15) girovagare per le grandi pianure e gli oceani, dove
poteva incontrare facilmente
colleghi molto più forti di lui. Notevole il fatto ch’egli godesse
grande considerazione
anche presso i compagni gerarchicamente superiori. Risulta infatti
che i potentissimi
venti da carico, i quali monopolizzavano il trasporto dei cicloni,
si soffermavano
sovente a discorrere con Matteo. E neppure con essi il vento della
Valle di Fondo
(riga 20) lasciava quel suo modo di trattare rozzo e superbo.
Matteo acquistava gagliardia speciale due ore prima dell’imbrunire
e in genere
toccava il massimo della sua forza nei periodi di luna crescente.
Dopo le sue bufere maggiori, che lasciavano nei paesi della valle
danni da non si
dire, Matteo appariva affaticato. Si sdraiava allora in certe
vallette solitarie e si
(riga 25) aggirava lentamente per settimane intere, assolutamente
innocuo.
Per questo egli non era sempre odiato. In quelle notti di bonaccia
infatti Matteo
scopriva un’altra sua grandissima qualità; si rivelava musicista
sommo. Soffiando in
mezzo ai boschi, qua più forte, là più adagio, il vento si divertiva
a suonare; allora si
udivano venir fuori dalla foresta lunghe canzoni, simili alquanto
ad inni sacri. Quelle
(riga 30) sere, dopo la tempesta, la gente usciva dal paese e
si riuniva al limite del bosco, ad
ascoltare per ore e ore, sotto il cielo limpido, la voce di Matteo
che cantava.
L’organista del Duomo era geloso e diceva ch’erano sciocchezze;
ma una notte lo
scoprirono anche lui nascosto ai piedi di un tronco. E lui non
s’accorse neppure d’esser
visto, tanto era incantato da quella musica. |
Dino
Buzzati, Il vento Matteo, da: Il segreto del bosco vecchio,
Milano, Mondadori, 1979 |
Quali
dei seguenti aggettivi è adatto per descrivere una caratteristica
fondamentale del vento Matteo ?
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